Ho visto il film quasi per caso, durante le festività natalizie.
Dopo cena a volte succede di lasciare accesa la TV dove capita, intanto che si riassetta la cucina. Il più delle volte dopo un po', rimesso in ordine, o si cambia canale o si spegne la TV.
Le prime immagini erano passate quasi inosservate.
Il film parla di moto, motociclisti, motori... non è mai stata una mia passione. L'unica volta che sono salito su un motorino è stato dai 14 ai 17 anni. Ripresa diretta e una particolarità: non potevo fare un tratto di strada più lunga di 4 km senza fermarmi e lasciarlo raffreddare, pena lo spegnimento graduale e automatico dello stesso. Per ripartire occorreva un'accurata pulizia delle candele. Fortuna voleva che la scuola si trovava in questo raggio d'azione e quindi era perfetto, in quanto questa era l'unica occasione in cui era indispensabile.
Quasi magicamente però mi accorgo che la storia o meglio il personaggio di Burt mi cattura, mi tira dentro. Non è più solo un film per appassionati di motociclismo. Burt comincia ad assumere caratteristiche “universali”.
All’inizio è chiaro che nessuno dei suoi paesani crede in lui. Nessuno tranne un ragazzino, archetipo del "folle" proprio perché l’infanzia è all’origine della vitalità primitiva, spontanea, giocosa. Però Burt è padrone della sua follia. E’ una follia misurata. E’ sì energia amorale, anarchica, irriverente, che fà saltare classificazioni e confini. E’ forza e motore per esplorare il mondo. Energia positiva che si trasforma in curiosità, gioia di creare, di vivere il presente per quello che è, senza preoccuparsi del domani e incuranti delle convenzioni, della morale tradizionale, di quello che diranno i vicini. E’ si tutto questo ma coniugata con un rispetto e un’attenzione agli altri pura, senza secondi fini, senza rabbia, rivalsa, bisogno di dominare.
Come dice lo stesso Burt - citando Theodore Roosevelt: "... il merito va a chi ha il coraggio di scendere nell'arena".
Burt parte e si mette on the road: e solo compiere questo primo passo è un'impresa.
La sua vera follia sta qui: nel coraggio di progettare la propria impresa, contando sulle proprie capacità tecniche e guidato dalla sua sensibilità e da un atteggiamento di empatia nei confronti delle persone che incontra nel suo viaggio, verso il suo obiettivo.
Munro è infatti folle, ma anche capace, competente, esperto. La sua è una conoscenza pratica, vissuta, conosce tutto delle moto, dei motori, dell’aereodinamica e di tutto ciò che riguarda la velocità.
Il suo viaggio sino agli Stati Uniti è lungo e avventuroso per uno come Burt che si è mosso dalla Nuova Zelanda solo quando era stato soldato nel Primo conflitto mondiale.
Burt è folle, capace ma ha anche competenze sociali. Entra nel mondo della complessità e dimostra che se affronti le sfide senza pregiudizi e attivando i “nodi” giusti tutti i problemi e le difficoltà si possono superare.
Burt chiede aiuto apertamente per se per il suo progetto. Nella sua comunicazione c'è un implicito che coincide con l'esplicito, nulla di nascosto. Questo rassicura. Nessun secondo fine. Solo il suo sogno, la sua passione, quello che ha desiderato da 25 anni, gareggiare con la sua moto sul circuito di Bonneville. Questo rende le sue richieste di aiuto credibili, ed efficaci, attivando sempre le persone giuste alle quali si rivolge. Oggi diremmo un vero esperto di networking mindset.




